BOSNIA: AD UCCIDERE É L’ARIA E PIÙ NON LA GUERRA.
Il 21 novembre si è celebrato il 25° anniversario degli accordi di Dayton che hanno posto fine alla più grande strage avvenuta in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Tuttavia, ad oggi, in Bosnia Erzegovina ci si ritrova a combattere un altro ‘aggressore’ responsabile di più morti di ogni altra guerra al mondo: l’inquinamento dell’aria.
Secondo un recente rapporto della Banca Mondiale, ogni anno in Bosnia Erzegovina 3.300 persone muoiono prematuramente a causa dell’esposizione alle particelle inquinanti presenti nell’aria, il che equivale al 27% del numero totale delle morti nel Paese.
Durante i mesi invernali, sono ricorrenti le immagini della Capitale avvolta da una coltre di nebbia tossica che in alcuni giorni impedisce anche agli aerei di atterrare. A Sarajevo, e non solo, per giorni, settimane, se non mesi, l’aria diventa rischiosa per la salute, rendendo dannoso anche il semplice atto di respirare. Ogni anno la città scala la vetta dell’infelice classifica delle città più inquinate al mondo e lo scorso 11 gennaio Sarajevo era più inquinata di Dheli in India, una città di circa 19 milioni di abitanti.
Di fronte a tale situazione, e nonostante le cause dell’inquinamento siano ormai ben note, le autorità di Sarajevo, come di consuetudine ormai, prendono una misura ‘di emergenza’: biglietti scontati per la funivia, destinazione aria pulita. La funivia per il monte Trebević, meta imperdibile per tutti i turisti che visitano Sarajevo, nei giorni in cui l’aria è più inquinata diventa l’unica via d’uscita per respirare ‘aria pulita’ e vedere i raggi del sole.
Il problema dell’inquinamento in città è aggravato dalla particole morfologia di Sarajevo che, chiusa in una conca e circondata da montagne, fa sì che ci sia una scarsa circolazione d’aria. Già negli anni ’90, per mitigare il problema, dal piano urbano di Sarajevo vennero escluse le costruzioni di nuovi grattacieli e venne stabilito un incremento significativo delle aree verdi. Oggi, tre decenni dopo, le aree verdi della città si sono ridotte di otto volte ed è esplosa la costruzione di alti edifici che interferiscono con la dispersione dell’aria.
Il danno dell’inquinamento non riguarda soltanto la salute dei cittadini ma anche l’economia del Paese. Si stima che il costo associato alla mortalità dovuta all’inquinamento atmosferico sia intorno agli 1.38 miliardi all’anno esclusi i costi legati a: indigenze, malattie e giorni di lavoro persi.
La situazione politico-istituzionale del Paese non aiuta, attualmente in Bosnia non esiste un’agenzia o ministero nazionale che si occupi della questione e le due entità della Federazione affrontano il problema con leggi e istituzioni autonomamente con scarsi livelli di cooperazione.
Le principali responsabili dell’inquinamento in Bosnia sono le diverse centrali termiche presenti sul territorio che utilizzano lignite di bassa qualità, una delle forme di produzione di energia più sporche e ad alta intensità di emissione di carbonio al mondo. Inoltre, la maggioranza delle persone ancora utilizza combustibili come carbone e legna da ardere per riscaldare le proprie case poiché solo un numero esiguo di edifici sono collegati a sistemi di teleriscaldamento.
Il problema dell’inquinamento atmosferico non riguarda soltanto la Bosnia Erzegovina ma anche gli altri paesi dei Balcani. Nell’insieme, questi sono i paesi maggiormente esposti alle più alte concentrazioni di inquinanti atmosferici in Europa e l’aspettativa di vita continua ad abbassarsi a causa della scarsa qualità dell’aria.
Nonostante a livello europeo sia stato prefissato l’obiettivo di un’economia a zero emissioni entro il 2050, in Bosnia Erzegovina e negli altri paesi dei Balcani, già membri della Comunità energetica europea e sul cammino dell’adesione, si continua ad investire su centrali elettriche a carbone, e la Cina ne fa da protagonista. Come parte dell’iniziativa “Belt and Road” in Bosnia su 6 centrali a Lignite pianificate in Bosnia più della metà saranno molto probabilmente finanziate da banche cinesi così come nel caso della nuova centrale Tuzla 7 per cui l’accordo è già stato firmato.
Secondo un’indagine di Unearthed, questi progetti stanno andando avanti utilizzando proiezioni di redditività eccessivamente ottimistiche, ignorando le gravi ricadute sulla salute dell’ambiente e della popolazione e i costi che gli impianti dovranno affrontare una volta che entreranno a far parte del sistema di scambio di quote di emissioni europeo (ETS).
Nonostante tutti questi progetti mostrino chiare violazioni della legislazione dell’UE in materia di ambiente, la questione dell’inquinamento atmosferico dei Balcani rimane per lo più trascurata nell’arena politica. L’Unione Europea può e deve supportare un processo di transizione energetica inclusivo nella regione sia per dimostrare che il cammino verso l’Unione Europea non si limita a delle riforme sulla carta sia perché l’inquinamento non ha frontiere e i venti inquinati dai Balcani soffiano e continueranno a soffiare attraverso i confini europei.
Ilaria Cagnacci